Sentenza n. 224 del 2022

SENTENZA N. 224

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), in combinato disposto con l’art. 24 della legge 26 luglio 1984, n. 413 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi), promosso dal Tribunale ordinario di Cassino, in funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra E. D.N. e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 21 giugno 2021, iscritta al n. 206 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di costituzione dell’INPS;

udito nell’udienza pubblica del 13 settembre 2022 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

udito l’avvocato Antonella Patteri per l’INPS;

deliberato nella camera di consiglio del 13 settembre 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale ordinario di Cassino, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 21 giugno 2021 (reg. ord. n. 206 del 2021), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), in combinato disposto con l’art. 24 della legge 26 luglio 1984, n. 413 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi), nella parte in cui tali norme non consentono che la pensione di vecchiaia spettante ai lavoratori marittimi venga calcolata escludendo dal computo, ad ogni effetto, il prolungamento previsto dall’art. 24 citato, qualora l’assicurato abbia maturato i requisiti per l’erogazione del trattamento pensionistico e il calcolo porti ad un risultato per lui più favorevole, ritenendo le norme in contrasto con gli artt. 3, 36 e 38, secondo comma, della Costituzione.

2.– Il rimettente riferisce di dover decidere un ricorso per il ricalcolo di una pensione di vecchiaia erogata dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) di un lavoratore marittimo che lamenta l’attribuzione del cosiddetto prolungamento contributivo, previsto dall’art. 24 della legge n. 413 del 1984, e corrispondente ai giorni di sabato, domenica e festivi e ai giorni di ferie trascorsi durante l’imbarco, per l’incidenza negativa da esso prodotta sul calcolo della retribuzione pensionabile di cui all’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982 e, conseguentemente, sulla pensione, diminuendo l’importo di quella che spetterebbe all’assicurato qualora non venisse applicato il prolungamento.

3.– In merito alla rilevanza, il giudice a quo rappresenta che i contributi maturati dal ricorrente nell’assicurazione obbligatoria, sommati a quelli effettivi maturati nella previdenza marinara, superano il minimo previsto per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia. Pertanto l’assicurato è già titolare della prestazione previdenziale e, per escludere dal computo il prolungamento di cui all’art. 24 della legge n. 413 del 1984, è necessario ricorrere alla declaratoria di illegittimità costituzionale.

4.– In ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo opera una ricognizione della giurisprudenza di questa Corte che ha già dichiarato, in varie fattispecie, l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge n. 297 del 1982 quando, a fronte di un maggior apporto contributivo, vi sia una riduzione della pensione maturata.

Gli effetti negativi prodotti dal surplus di contribuzione sono stati ritenuti irragionevoli e in contrasto con il principio di proporzionalità tra trattamento pensionistico e qualità e quantità di lavoro prestato e con il principio di adeguatezza, di cui agli artt. 36 e 38, secondo comma, Cost. Tuttavia, il rimettente osserva che nella specie non sarebbe possibile un’interpretazione costituzionalmente orientata, sia in ragione del tenore letterale dell’art. 3 della legge n. 297 del 1982, sia in ragione della necessità, affermata da questa Corte con la sentenza n. 82 del 2017, di un intervento puntuale sulla normativa applicabile quando vengono in rilievo i rapporti tra contributi versati e retribuzione pensionabile.

5.– Per eliminare il contrasto con i parametri costituzionali evocati, il giudice a quo chiede che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982 e dell’art. 24 della legge n. 413 del 1984, nella parte in cui non consentono di calcolare la pensione dell’assicurato, che abbia maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia senza applicazione del prolungamento di cui al citato art. 24, escludendo dal computo tale prolungamento quando esso determini un effetto sfavorevole per l’interessato.

6.– Nel giudizio si è costituito l’INPS, rappresentando che la fattispecie sottoposta all’esame del giudice a quo sarebbe estranea all’applicazione dell’istituto della neutralizzazione delineato dalla giurisprudenza di questa Corte, che riguarderebbe i soli casi in cui l’effetto riduttivo sulla pensione derivi da contribuzione aggiuntiva accreditata sulla base di una retribuzione inferiore rispetto a quella percepita per integrare il requisito contributivo minimo.

7.– L’art. 24 della legge n. 413 del 1984 oggetto di censura interverrebbe, secondo l’INPS, in un settore peculiare, quello del lavoro marittimo, caratterizzato dalla discontinuità della prestazione lavorativa, derivante dalla risoluzione del rapporto di lavoro al momento dello sbarco, con conseguenti “buchi contributivi”.

In questo contesto, la scelta del legislatore di prolungare il rapporto di lavoro ai fini previdenziali e assicurativi per i giorni di festività e ferie non goduti risponderebbe ad un’esigenza di tutela del lavoratore, a cui spetta la fruizione di ferie e festività, ma non potrebbe sortire l’effetto di eliminare, attraverso la neutralizzazione del prolungamento, alcune settimane lavorative, così da attribuire la retribuzione percepita ad un periodo di tempo più breve.

In ragione di ciò, la neutralizzazione sarebbe applicabile, secondo la difesa dell’Istituto, solo ai periodi di minore retribuzione e non consentirebbe di ricalcolare la retribuzione lavorativa o pensionabile per ripartirla su un minore numero di giorni affinché diventi più alta.

Pertanto, per neutralizzare i periodi contributivi oggetto di prolungamento, il giudice a quo avrebbe dovuto verificare se, nei periodi di ingaggio succedutisi nel quinquennio, il lavoratore avesse subito una diminuzione retributiva incidente sulla retribuzione pensionabile e, in assenza di tale verifica, la questione sarebbe inammissibile.

8.– Per gli stessi motivi l’INPS ha chiesto il rigetto della questione nel merito, sottolineando la diversità della fattispecie da quella di cui alla sentenza n. 427 del 1997, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’applicazione del prolungamento contributivo previsto dall’art. 25 della legge n. 413 del 1984 quando, in combinato disposto con l’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, i contributi aggiuntivi incidano negativamente sulla pensione spettante all’assicurato senza applicazione del prolungamento.

In particolare, secondo l’INPS, i due prolungamenti integrerebbero fattispecie diverse poiché solo l’art. 24 della legge n. 413 del 1984 disciplinerebbe il prolungamento contributivo correlato agli elementi del rapporto di lavoro marittimo, avendo ad oggetto le festività non godute e le ferie maturate, mentre il successivo art. 25 disciplinerebbe una fattispecie del tutto avulsa dalle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa accordando, in occasione del passaggio dei marittimi al sistema dell’assicurazione generale obbligatoria, un prolungamento contributivo fisso per tutti gli assicurati, pari al 40 per cento della durata dei periodi di effettiva navigazione svolti anteriormente al 1° gennaio 1980.

La citata sentenza n. 427 del 1997, secondo l’INPS, avrebbe deciso l’applicabilità della neutralizzazione al prolungamento di cui al citato art. 25 proprio in ragione della sua natura virtuale e autonoma rispetto al concreto svolgimento di attività lavorativa, che non ricorre nella fattispecie di cui all’art. 24 in questione.

9.– All’udienza le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale ordinario di Cassino, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 21 giugno 2021 (reg. ord. n. 206 del 2021), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, in combinato disposto con l’art. 24 della legge n. 413 del 1984, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38, secondo comma, Cost., nella parte in cui tali norme non consentono di neutralizzare il prolungamento contributivo, previsto per i lavoratori marittimi che abbiano maturato il diritto alla pensione di vecchiaia, nel caso in cui questo viene a determinare un effetto paradossale, diminuendo l’importo della pensione.

2.– L’art. 24 della legge n. 413 del 1984 prevede, al comma 1, per i lavoratori marittimi che al momento dello sbarco risolvano il rapporto di lavoro, che i singoli periodi di effettiva navigazione mercantile, svolti successivamente al 31 dicembre 1979, vengano prolungati in successione temporale, ai fini dell’erogazione delle prestazioni pensionistiche, di un ulteriore periodo corrispondente ai giorni di sabato, domenica e quelli festivi trascorsi durante l’imbarco e alle giornate di ferie maturate durante l’imbarco stesso.

Inoltre, è previsto che la retribuzione pensionabile relativa ad ogni singolo periodo oggetto del prolungamento sia ripartita sull’intero periodo comprensivo del prolungamento stesso (art. 24, comma 4) e che, per la determinazione della retribuzione pensionabile, i prolungamenti dei periodi siano neutralizzati, ma solo quando l’assicurato raggiunga il massimo dei servizi utili a pensione (art. 24, comma 5).

3.– Il combinato disposto dell’art. 24 della legge n. 413 del 1984 e dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, che dispone che la pensione venga calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi cinque anni, determina, a detta del rimettente, il lamentato effetto sfavorevole per il lavoratore.

In particolare, l’effetto sfavorevole si determinerebbe perché, mentre il prolungamento contributivo è utile ai fini del raggiungimento del periodo minimo necessario alla maturazione del diritto a pensione, quando tale diritto è maturato a prescindere dal prolungamento, questo, nello spalmare la retribuzione percepita su un periodo più lungo, causa una riduzione dell’importo mensile di tale retribuzione che, quando coincide con gli ultimi cinque anni di lavoro, influisce, ai sensi dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, sull’importo della pensione.

Di qui la pretesa illegittimità costituzionale di tale disposto normativo in riferimento agli artt. 3, 36 e 38, secondo comma, Cost.

4.– Si è costituito in giudizio l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).

4.1.– La difesa dell’INPS eccepisce l’inammissibilità delle questioni non avendo il giudice a quo verificato se l’ingaggio dell’assicurato, dopo la maturazione dei requisiti minimi contributivi, sia stato retribuito in misura inferiore al precedente.

L’eccezione muove dal presupposto per cui l’istituto della neutralizzazione contributiva riguarderebbe solo il caso in cui i contributi aggiuntivi derivino da un periodo di lavoro svolto successivamente al perfezionamento del requisito contributivo minimo e retribuito in misura inferiore. Pertanto, non avendo il giudice operato tale valutazione, l’inammissibilità deriverebbe dal difetto di motivazione sulla rilevanza.

4.2.– Inoltre, l’INPS, nel merito, deduce che la fattispecie del successivo art. 25, commi primo e quarto, della legge n. 413 del 1984, che prevede per i marittimi assicurati per i periodi anteriori al 1° gennaio 1980 una maggiorazione convenzionale di un ulteriore periodo del 40 per cento dei periodi stessi, è del tutto diversa da quella di cui all’art. 24 della legge n. 413 del 1984 e che, pertanto, la decisione di cui alla sentenza n. 427 del 1997, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, commi primo e quarto, sempre per l’ipotesi di un analogo effetto paradossale, non verrebbe a costituire un precedente vincolante.

Pertanto, secondo la difesa dell’INPS, il riferimento all’art. 24 non può riguardare il concetto di neutralizzazione, giacché la norma è volta a coprire periodi di inattività tra un ingaggio e l’altro del marittimo, evitando conseguenti “buchi contributivi”.

4.3.– La difesa dell’INPS, nel concludere per la non fondatezza delle questioni, deduce che non si dovranno necessariamente neutralizzare tutti i periodi di prolungamento, ma si opererà solo su quelli afferenti ad imbarchi remunerati meno favorevolmente secondo una comparazione tra le retribuzioni succedutesi nel tempo, nel senso che quella più recente viene messa a confronto con quella precedente.

Nella sostanza, la difesa dell’INPS ritiene che il combinato disposto in questione abbia un contenuto meramente definitorio, stabilendo gli elementi costitutivi della normale retribuzione dei marittimi e non abbia, invece, quelle caratteristiche di norme di miglior favore dedotte dall’ordinanza di rimessione.

5.– Va, innanzitutto, rigettata l’eccezione di inammissibilità proposta dall’INPS. Il giudice a quo ha compiutamente descritto la fattispecie concreta e ha svolto un’argomentazione non implausibile a sostegno della necessità di applicare la disposizione censurata e, conseguentemente, della rilevanza delle questioni sollevate.

Pertanto, il vaglio della prospettazione dell’INPS e la definizione dell’esatta portata del principio di neutralizzazione e della sua riferibilità ai soli periodi lavorativi successivi alla maturazione del requisito minimo contributivo e retribuiti in misura inferiore ai precedenti si sostanzia in un argomento di merito, relativo alla pretesa non fondatezza delle questioni.

6.– Nel merito le questioni sono fondate.

7.– La giurisprudenza di questa Corte ha più volte esaminato il problema della neutralizzazione dei contributi in ipotesi nelle quali determinati vantaggi previdenziali si risolvevano in un deteriore trattamento pensionistico.

7.1.– La questione si è posta in caso di contributi successivi all’accredito di quelli minimi necessari al conseguimento del diritto a pensione e con diverse pronunce questa Corte ha precisato che la contribuzione aggiuntiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo vale ad incrementare il livello della prestazione pensionistica, ma non può compromettere il livello già maturato (sentenze n. 433 del 1999 e n. 264 del 1994).

7.2.– Pertanto, quando la contribuzione aggiuntiva comporta un depauperamento del trattamento pensionistico, questa deve essere esclusa dal computo della base pensionabile indipendentemente dalla natura dei contributi, siano essi obbligatori, volontari o figurativi; in particolare, il principio di neutralizzazione è stato applicato in relazione all’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, che individua la retribuzione pensionabile dei lavoratori dipendenti e che è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo in riferimento a varie fattispecie di contribuzione aggiuntiva, rispetto al requisito contributivo minimo, quando essa abbia determinato un peggioramento della pensione rispetto a quella virtualmente spettante a colui che abbia già maturato il diritto.

7.3.– La neutralizzazione è stata riconosciuta operante in caso di contribuzione volontaria per il conseguimento della pensione di vecchiaia, sottolineandosi che l’effetto del depauperamento pensionistico è tanto più paradossale «ove si consideri la finalità propria della contribuzione volontaria che, per ovviare agli effetti negativi, ai fini previdenziali, della mancata prestazione di attività lavorativa, mira a far raggiungere i requisiti minimi di anzianità contributiva per il diritto a pensione ed a “mantenere costante e intangibile in capo al lavoratore, ai fini del pensionamento, il livello retributivo attinto in tutto l’arco della sua attività lavorativa” (sent. n. 574 del 1987)» (sentenza n. 307 del 1989).

Con la sentenza n. 428 del 1992 lo stesso principio è stato esteso ai contributi volontari per il conseguimento della pensione di anzianità.

Il meccanismo di calcolo di cui all’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982 è stato vagliato anche in relazione ai contributi obbligatori derivanti da attività lavorativa meno retribuita; si tratta delle ipotesi in cui «il lavoratore, già in possesso del requisito della anzianità contributiva minima, abbia subìto, in coincidenza con il periodo di riferimento (le ultime 260 settimane di contribuzione) o nel corso di esso, una riduzione della retribuzione contributiva di tale misura da non essere compensata dal corrispondente incremento dell’anzianità contributiva e tale da determinare, quindi, una riduzione del trattamento pensionistico complessivo rispetto a quello che sarebbe stato liquidato se, in quei periodi di minor reddito lavorativo, egli non avesse né lavorato né versato alcuna contribuzione» (sentenza n. 264 del 1994) e, anche in tal caso, questa Corte ha ritenuto irragionevole e ingiusta la riduzione della pensione a fronte di maggior apporto contributivo e di maggior lavoro.

Parimenti irragionevole e ingiusta è stata considerata la riduzione pensionistica quando derivi da contributi figurativi del lavoratore dipendente sottoposto ad integrazione salariale (sentenza n. 388 del 1995) o da contributi dovuti per il trattamento di disoccupazione, sottolineandosi, quale ratio del principio di neutralizzazione, che «[s]arebbe intrinsecamente irragionevole un meccanismo che, per la fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, si tramutasse in un decremento della prestazione previdenziale, in antitesi con la finalità di favore che la norma persegue, nel considerare il livello retributivo, tendenzialmente più elevato, degli ultimi anni di lavoro» tanto più che «[l]’irragionevolezza riscontrata è lesiva, in pari tempo, dei diritti previdenziali del lavoratore, che, con riguardo alla norma censurata, questa Corte riconduce agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost.» (sentenza n. 82 del 2017).

8.– La peculiarità delle norme previdenziali non consente però l’applicazione del principio della neutralizzazione al di fuori di uno specifico giudizio di legittimità costituzionale, così da richiedere un intervento puntuale sulla normativa applicabile in considerazione della specificità delle situazioni coinvolte (sentenza n. 82 del 2017).

9.– La difesa dell’INPS contesta che nella specie si sia in presenza di una applicazione dell’istituto della neutralizzazione che ritiene riferibile al prolungamento contributivo previsto nell’art. 25 della legge n. 413 del 1984; disposizione questa che, nel disciplinare il passaggio all’INPS della Cassa nazionale per la previdenza marinara, al fine di omogeneizzare le anzianità contributive dei marittimi al sistema generale di previdenza, ha previsto per i periodi di imbarco antecedenti al 1° gennaio 1980 un prolungamento contributivo del 40 per cento della durata dei periodi stessi.

10.– Sull’art. 25, richiamato dalla difesa dell’INPS, si è invero pronunciata questa Corte con la sentenza n. 427 del 1997, che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, nei commi primo e quarto, sempre in combinato disposto con l’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, nella parte in cui tali norme non consentivano che la pensione di vecchiaia venisse calcolata escludendo dal computo, ad ogni effetto, il prolungamento previsto dal medesimo art. 25 della legge n. 413 del 1984, qualora l’assicurato avesse maturato i requisiti per detta pensione e il calcolo, inclusivo del prolungamento, portasse ad un risultato sfavorevole.

In questo diverso caso, rimanendo fermo l’importo complessivo delle retribuzioni percepite, queste si redistribuiscono su periodi del 40 per cento più lunghi rispetto ai giorni di effettiva navigazione, con conseguente diminuzione della base pensionistica costituita dalla media retributiva degli ultimi cinque anni.

Il meccanismo di funzionamento dell’art. 25 è pertanto lo stesso dell’art. 24 e riguarda quei marittimi che, superata la soglia minima per il diritto a pensione, non abbiano raggiunto il massimo dei periodi utili alla pensione e che rimangono comunque penalizzati dalla estensione dei periodi contributivi.

10.1.– Infatti, come si evince dagli atti parlamentari relativi al disegno di legge governativo (Atto Senato 341), la misura forfettaria dell’aumento del 40 per cento previsto dall’art. 25 della legge n. 413 del 1984 per i periodi di navigazione anteriori al 1° gennaio 1980 crea un effetto non dissimile per i periodi successivi al 31 dicembre del 1979 a cui si riferisce invece il prolungamento contributivo della norma oggi censurata, in quanto la differenza consiste soltanto nell’essere tale beneficio non più forfettizzato (nella misura del 40 per cento), ma computato con riferimento alle ferie e festività in concreto maturate da ciascun marittimo.

Dagli atti parlamentari risulta poi di tutta evidenza la volontà del legislatore di attribuire un beneficio ai marittimi con la norma censurata ed anche dal tenore della stessa, che parla espressamente di prolungamento dei periodi contributivi, si evince come l’art. 24 della legge n. 413 del 1984 non sia una norma meramente definitoria della nozione di retribuzione dei marittimi, come sostenuto dalla difesa dell’INPS.

10.2.– Del resto, anche la contrattazione collettiva prevede che i sabati, domeniche, festività e ferie siano autonomamente compensati ove non goduti ed inoltre il quinto comma dell’art. 24 richiama espressamente l’istituto della neutralizzazione, ma lo riferisce solo a quanti abbiano superato il periodo massimo di contribuzione utile; né rileva ai fini della presente decisione l’eccezione di inammissibilità dell’INPS nell’ipotesi che l’interessato abbia potuto ricevere negli ultimi tempi una retribuzione inferiore.

11.– Pertanto, entrambe le disposizioni, gli artt. 24 e 25 della legge n. 413 del 1984, sono ispirate alla medesima ratio e, quindi, è irragionevole ed è in contrasto con l’art. 3 Cost. che le norme censurate, benché siano volte a colmare uno svantaggio (come la difficoltà di conseguire il minimo contributivo per l’accesso al trattamento pensionistico), si traducano in un danno e producano l’effetto di depauperare il trattamento pensionistico a cui l’assicurato avrebbe virtualmente diritto.

12.– Il combinato disposto dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982 e dell’art. 24 della legge n. 413 del 1984 viola, altresì, gli artt. 36 e 38, secondo comma, Cost., poiché non rispetta la giusta proporzione tra attività di lavoro prestato, relativa retribuzione, e quantificazione della prestazione pensionistica.

13.– Si deve dichiarare, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, in combinato disposto con l’art. 24 della legge n. 413 del 1984, nella parte in cui tali norme non consentono la neutralizzazione del prolungamento previsto dall’art. 24 della legge n. 413 del 1984 per il calcolo della pensione di vecchiaia in favore dei lavoratori marittimi che abbiano raggiunto il diritto a pensione, quando il suddetto prolungamento determini un risultato sfavorevole nel calcolo dell’importo della pensione spettante agli assicurati.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, ottavo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), in combinato disposto con l’art. 24 della legge 26 luglio 1984, n. 413 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi), nella parte in cui tali norme non consentono la neutralizzazione del prolungamento previsto dall’art. 24 della medesima legge n. 413 del 1984 per il calcolo della pensione di vecchiaia in favore dei lavoratori marittimi che abbiano raggiunto il diritto a pensione quando il suddetto prolungamento determini un risultato sfavorevole nel calcolo dell’importo della pensione spettante agli assicurati.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 settembre 2022.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2022.